1916-1918: memorie di guerra Angelo Bianco

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1916-1918. Taccuino di guerra di Angelo Bianco, trascritto da Elsa Lesca (parziale).

Molti dei soldati durante il periodo trascorso al fronte della Grande Guerra tennero dei diari, a volte semplici taccuini o note scarabocchiate su pezzi di carta: documenti che permettono di ricostruire le vicende del conflitto osservandole da una prospettiva differente da quella delle grandi opere di sintesi storica. Un esempio è rappresentato dal taccuino di Angelo Bianco, nato a Gifflenga (Biella) l’11 settembre 1885 (alle ore 9, annota egli stesso in apertura al suo diario), e chiamato alle armi nel luglio 1916. Venne incorporato nel 34.mo Fanteria, e nel novembre dello stesso anno entrò a far parte dei mitraglieri della 390.ma in collegamento con il 5° ed il 6° Fanteria. Venne inviato nel Carso, e affrontò il nemico sul fiume Vipacco, nell’infuriare della VI battaglia dell’Isonzo (6-17 agosto): “dopo un mese sono rimasto ferito per la prima volta e portato nell’ospedale di Faedis per 6 giorni e poi all’ospedale baraccato Beverara di Bologna”.

Nel febbraio del 1917 venne dunque inviato a casa, ma, come sovente anche narrava ai suoi nipoti, ci rimase ben poco: “mi trovavo ancora all’ospedale ricoverato e a malapena riuscivo a stare in piedi. L’ufficiale medico mi ha fatto però ugualmente abile a tornare nella mia compagnia, perché necessitavano soldati al fronte. Io ho risposto che avrebbe dovuto provare lui a combattere nelle mie condizioni e così, per punizione, sono stato mandato in prima linea. Da allora ho imparato a tacere ed ubbidire”.
La vita in prima linea era dura, e numerosi i pericoli ai quali i nostri soldati, spesso male equipaggiati ed esposti al fuoco nemico, andavano quotidianamente incontro: “Per la prima volta in prima linea in combattimento sul Monte Cucco. Combattuto anche sul monte Vodice (in Friuli) conquistato agli Austriaci il 18 maggio 1917. La battaglia è durata fino al 28 maggio, ma io sono stato ferito già al 25 maggio 1917”. Per Angelo ricominciò per la seconda volta il calvario degli ospedali militari: “Portato prima all’ospedale baraccato di Plava, e dopo una settimana all’ospedale di Cividale del Friuli; dopo 12 giorni sono stato trasferito all’ospedale di Asti, dove sono rimasto per 60 giorni, e poi rientrato nell’esercito”. Entrato a far parte del 223.mo Mitraglieri FIAT, con i reggimenti 151 e 152 di Fanteria – Brigata Sassari, venne quindi mandato prima sull’Isonzo, e poi sull’altopiano della Bainsizza, che venne conquistato nel settembre 1917.

L’offensiva austriaca dell’ottobre successivo, culminata nel disastro di Caporetto, è ricordata nel taccuino sotto il titolo “Memoria della ritirata italiana”: “Il 25 ottobre sul Fronte Giulia ci furono aspri combattimenti, e noi soldati abbiamo dovuto affrontare fatiche e sforzi di ogni genere, con la speranza di ottenere la vittoria contro il nemico. Con le posizioni che noi occupavamo, secondo i grandi comandanti in capo, nemmeno la Germania poteva farsi avanti. Secondo me, invece, dico che è un tradimento e tanti poveri soldati morti potevano ancora salvarsi ed essere di aiuto alla nostra Patria. Io avrei preferito essere in prima linea insieme alla mia compagnia e poter dire: andiamo contro il Barbaro Nemico. Invece, trovandomi come piantone al magazzino della compagnia in una casa di Camino al Tagliamento, senza mai ricevere ordini e non sapendo che il generale Cadorna aveva ordinato la ritirata al Tagliamento, disgraziatamente io e i miei compagni siamo stati improvvisamente accerchiati dal nemico austriaco e la sera del 27 ottobre 1917, alle ore 16, fummo fatti prigionieri”.

Angelo Bianco venne inviato in campo di concentramento, quale prigioniero di guerra: “Condotto prima a Manzano, poi Cormons ed infine a Gorizia. In seguito partito dalla stazione di San Daniele del Friuli e, viaggiando sempre in treno, alla sera del 7 novembre 1917, finalmente sono arrivato al campo di concentramento di Sigmundsherberg, in Austria. Dal 22 al 30 dicembre 1917: giorni trascorsi in viaggio per andare a lavorare nei monti Carpazi in altro campo di concentramento nella regione Bucovina”. Le ferite riportate in battaglia, però, si fecero sentire, così nel marzo dell’anno successivo venne ricoverato nell’ospedale militare di Czernovitz, dove rimase un mese. “Arrivato nelle baracche il 6 aprile in mattinata. Il giorno 9 aprile 1918 ricevuto lettera dove si dichiarava che ero inabile al lavoro pesante”. A maggio un altro trasferimento: “21 maggio 1918: da questa data mi trovo nel campo di concentramento di Lazarevac, vicino a Belgrado, in Serbia”. Qui potè ricevere due gradite sorprese da parte della sua famiglia: una cartolina ed un pacco di viveri inviato tramite la Croce Rossa.

La nostalgia di casa era cocente: “29 giugno 1918: oggi, S. Pietro, mi trovo ancora sempre qui a Lazarevac e sono nella cucina del campo di concentramento vicino alla mia baracca. Domani 30 giugno sarà domenica e mi ricordo con nostalgia la festa della Garella”. Il tempo passava, e, nella mancanza assoluta di notizie sull’andamento della guerra, Angelo si affidava al cielo sperando di poter fare ritorno a Gifflenga: “Non credevo proprio di arrivare a 32 anni e dover soffrire tanta fame, sete, freddo e così mala vita. Se non fossi stato di sentinella, ma con la Compagnia, forse sarei stato più fortunato, ma pazienza. Spero che la Beata Vergine ed il Buon Dio mi diano la forza e la salute per resistere e trovarmi così un bel giorno fra le braccia della mia famiglia. Questa speranza è l’unica cosa che mi dà coraggio”.

Finalmente il 18 novembre 1918, quasi due settimane dopo che l’esercito italiano aveva sfondato le linee austriache sul Piave, Angelo venne rimpatriato, e dopo un breve soggiorno al Centro Raccolta Prigionieri Liberati di Poggio Rusco, vicino a Mantova, potè far ritorno a casa.

Luogo: Gifflenga (BI) Contributore: Ardizio Gabriele
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